Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/445

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3g6 PARTE TERZA alcuni rigettano come importuni pedanti tutti gli scrittori di precetti. Io spero eh1 essi non V involgeranno ancor Cicerone, e que’ pochi che nello scriver precetti ne han seguito l’esempio. XVHL Cicerone fu il primo, ma non il solo oratore che a’ suoi tempi fosse in Roma. Sarebbe a desiderare ch’egli nel suo libro de’ celebri Oratori, dopo averci data la storia degli antichi, anche di quelli che con lui vivevano allora in Roma , ci avesse parlato. Ma egli sfugge di ragionar de’ viventi, e solo alcuna cosa accenna intorno a Marcello, e più lungamente parla di Giulio Cesare. Del primo, dopo avere annoverati i pregi di cui era fornito, conchiude dicendo ch’egli pensa che niuna gli mancasse di quelle virtù che proprie sono di un oratore (num. 71). Del secondo forma un magnifico elogio, e fra le altre cose afferma che col grande e attento studio era egli giunto a tal perfezione, che era il più elegante ’ tra gli oratori latini (num, 72). Un altro passo di Cicerone in lode di Cesare ne ha conservato Svetonio (in Julio, c. 55), tratto da una lettera a Cornelio Nepote, che più non abbiamo, in cui così gli scrive: Chi potrai tu antiporre a Cesare tra quegli oratori ancora che solo in quest’arte sono si esercitati? Chi avvi che più di lui usi frequenti ed ingegnose sentenze? Chi più colto e più elegante nel favellare? Bellissimo ancora è l’elogio che di Cesare fa Quintiliano. Questi, egli dice (l. 1 o, c. 1), se solamente al Foro si fosse applicato, sarebbe tra’ nostri il solo da opporsi a Cicerone. Tale forza