Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/447

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098 PARTE TERZA miei negozii e ne’ miei studi di ogni maniera, nondimeno per la piacevolezza e modestia sua più ancora che pel mio vantaggio io desidero ch’egli sia sano. E a lui stesso scrivendo il chiama con greca voce Regola de’ suoi scritti (l. 12 ad Famil. ep. 17)) e altrove: Sono innumerabili i servigi che tu mi rendi e in casa e nel foro, e nella città e nelle provincia, & ne’ privati e pubblici affari, e nelle mie lettere e ne’ miei studi (ib. ep. 3). Gellio ancora il dice uomo di elegante ingegno, e nell’antica storia e nelle belle arti bene istruito 5 benché poi riprenda (l. 7 , c. 3) una lettera da lui scritta in biasimo di un’orazione del vecchio Catone. Più libri ancora egli scrisse, che dagli autori vengono mentovati. Lo stesso Gellio afferma che parecchi volumi avea egli scritti dell’indole e dell’uso della lingua latina, e di molte e diverse quistioni, e alcuni singolarmente ne loda da lui con greca voce intitolati Pandette (l. 13 , c. 9). La Vita ancora dell’amato suo padrone avea egli scritto, di cui cita Asconio Pediano (Comment. in orat, pro Mil.) il quarto libro. Anzi un altro libro di Tirone citasi ancora, in cui egli avea raccolti i faceti motti di Tullio, benchè Macrobio (l. 2 Saturn, c. 3) e Quintiliano (l. 11, c. 3) muovano qualche dubbio che forse lo stesso Cicerone ne sia l’autore; anzi Quintiliano si duole che poca scelta siasi usata in quella raccolta, e che più al numero che alla grazia de’ motti siasi posta mente. Il Middleton aggiunge che a lui dobbiamo la conservazion delle lettere di Cicerone, ch’egli diligentemente raccolse. Ella è