Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/512

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viventis posita imago est, haud minore, ut equidem reor, gloria, principe oratore, et cive, ex illa ingeniorum, quae tunc fuit, multitudine, uni hanc coronam dante, quam cum eidem magnus Pompejus piratico ex bello novalem dedit Ma di tante dottissime opere da Varrone lasciateci, solo sei libri de’ ventiquattro che egli ne aveva scritti intorno alla lingua latina, e questi ancora imperfetti, i tre libri intorno all’agricoltura, e alcuni pochi frammenti degli altri ci son rimasti.

Capo IV.

Filosofia e Matematica.

I. Lo studio della filosofia avea già cominciato a spargersi in Roma alla venuta di Panezio e di Pohbio, e più ancor alla venuta degli ambasciadori ateniesi, come si è detto nell’epoca precedente. Ma assai più universale si fece dopo la conquista della Grecia; e per riguardo alla filosofia singolarmente si può dire con verità che la Grecia divenne suddita al tempo medesimo e maestra a’ Romani; e che costretta a ricever da essi comandi e leggi, costrinse i suoi vincitori medesimi a soggettarle il loro spirito e il loro intendimento. Era allora la Grecia divisa in molte filosofiche sette, tutte di nomi, di massime, di sentimenti diverse. Stoici, Epicurei, Peripatetici, Accademici, e questi ultimi ancora divisi in tre, o, come altri vogliono, cinque sette, riempivano tutta