Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/517

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468 PAUTE TERZA di questo illustre filosofo; poiché Tirannione e Andronico invano avrebbongli diseppelliti e corretti, se non avessero trovati i Romani inclinati a’ filosofici studi, che gli accogliessero volentieri, e coll’usarne e col disputarne li rendesser più noti. La seconda si è, che in Roma prima che in Grecia si apprese la ver * dottrina di Aristotile. Perciocchè dopo la morte di Aristotile e di Teofrasto giacendo sepolti i libri da lor composti, la dottrina di lui passava per tradizione di bocca in bocca, e quindi necessario era che si alterasse notabilmente. Al contrario in Roma dagli scritti medesimi di Aristotile se ne apprendevano le opinioni, e con essi alla mano si disputava. Egli è però vero che quegli scritti do vean già essere guasti I e contraffatti da tante mani che vi si erano 1 impiegate. Apellicone, Tirannione, Andronico vi si adoperarono intorno, ne vollero emendare I gli errori , e forse ve ne aggiunser de’ nuo- I j xì, vollero riempir quei vani che l’umidità e il tarlo vi aveano fatto; e ove Aristotile più non parlava, parlaron essi, come sembrò lor verisimile che parlar dovesse Aristotile. Quindi convien confessare che più non abbiamo gli scritti di questo famoso filosofo, quali da lui furon lasciati; e quando veggiamo in essi alcuna cosa oscura, o incoerente, e qualche mal congegnato ragionamento, vi è giusta ragione a credere che non debbansi attribuire ad Aristotile, il quale in tante cose si mostra conoscitore grandissimo della natura e ingegnoso disputatore; ma sì a quelli che volendogli emendare ne guastarono sconciamente i libri. Ma