Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/546

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LIBRO TERZO 497 grano ancora i Romani nello studio della fisica e della buona astronomia molto innoltrati, era assai facile ad avvenire che uno il qual si vantava di leggere, per così dir, nelle stelle, e che con oscuri enigmi, di cui probabilmente non intendeva egli pure il senso, prediceva le cose avvenire, salisse perciò a grandissima stima. In fatti delle altre superstizioni ancora era Nigidio grande ricercatore; e ne abbiamo in prova i titoli di molti libri da lui scritti de animali bn s, de extis, de auguriis, de hominum naturalibus, e di altri somiglianti argomenti (V. Bayle e Brucker. l. c.) Fabric. Bibl. lat. t. 1, p. 241, edit. ven.). A me sembra che queste ragioni abbastanza ci persuadano che Nigidio era anzi un astrologo superstizioso, che un dotto filosofo. Confesso nondimeno che grande difficoltà si muove a questa opinione dalle lodi di cui Nigidio è stato onorato da Cicerone, uomo certamente difficile ad ingannarsi in ciò che è sapere , e della astrologia giudiciaria saggio disprezzatore. E quindi ci convien confessare che troppo è oscuro ciò che appartiene a Nigidio, perchè di lui e della sua dottrina si possa parlare sicuramente. Intorno a lui si può ancora vedere l’estratto di una dissertazione di M. de Burigny che ne ha diligentemente raccolte le migliori notizie (Hist, de l’Acad. des Inscript. t. 29, p. 190). XX. L’essersi a questo luogo per la prima volta da me mentovata l’astrologia giudiciaria, mi dà occasione di esaminar qui brevemente qual origine e qual successo avesse ella presso i Romani. Io non ne trovo indicio in Roma Tiraboschi, Voi. / 3a XX. Qnaoilo **su »’¡nir<nluri*s*e in Koma, e qua» vicrnd« vi avene.