Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/545

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49^ PARTE TERZA il qual (lice che le Opere di Nigidio per la sottigliezza e oscurità loro eran quasi dimenticateNigidianae commentationes non proinde in vtif gas exeunt, et obscuritas subtilitasque earum tamquam parum utilis, derelit ta est (l. 19, c. 14 y e prosieguo recandone un saggio tratto da certi suoi libri gramaticali. Con questa maniera di scrivere enigmatica e oscura non è maraviglia che tanto più dotti venissero riputati gli scritti di Nigidio, quanto meno erano intesi. Innoltre Nigidio fu superstizioso coltivatore dell’astro, logia giudiciaria. Il Bruckero rigetta come favolosi racconti quei che si spacciano intorno alle cose da lui con tal arte predette (t. 2,p. 25). E sono aneli’ io ben lungi dal credere che alcuna cosa ei potesse raccogliere dalle stelle a predire le umane vicende. Ma che nondimeno ei si prendesse l’inutil pena di consultarle, e credesse di poter con tal mezzo conoscere le cose avvenire, parmi che non si possa rivocare in dubbio. Le cose che Dione (l. 45 init) Svetonio (in Aug. c. 94), Apulejo (in Apologia), e Lucano (Pharsal. l.1, v. 639, ec.) narrano essere state da lui predette, benchè io le creda false, bastano nondimeno a farci conoscere la fama di valente astrologo ch’egli si era acquistata; e parmi che l’oscurità stessa che Gellio gli attribuisce, e l’esame delle cose più occulte della natura, di che lodalo Cicerone, conformi questo mio pensiero, che è ancora del Bayle, quale lungamente ne tratta (loc. cit.). E a ciò dee ascriversi quel che narra Dione (loc. cit), ch’egli fu da alcuni creduto versato nelle arti magiche. In fatti a questi tempi, in cui non