Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/550

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LIBRO TERZO 301 chi è vago di più saperne al lodato Bruckero, accennerò qui solamente una matrona romana c|,e nello studio della filosofia andò del pari co’ più dotti uomini di quel tempo , cioè Cerellia , di cui più volte fa menzion Cicerone, e la dice mirifice studia philosophiae flagrans (l.13 i({ ,4tt- ep. 21, 22; l. 15, ep. 1; l. 13 ad Famil. ep. 72). Dell’amicizia che Cicerone mostrò per Cerellia, si valse poscia Dione (l. 46) a calunniarlo. Ma ognun sa qual fede si debba in tale argomento a uno storico il quale pare che si prendesse di mira l’oscurare, quanto gli era possibile, la fama di sì grand’uomo. XXII. Rimane ora a esaminare i progressi che fecero a questo tempo i Romani nelle scienze 1 matematiche, prese in quella parte ancora in! cui alla fisica appartengono. Nell1 epoca precedente si è recato un passo di Cicerone, in cui si duole che la matematica assai poco, singolarmente ne’ tempi più antichi, coltivata fosse in Roma. Egli stesso nondimeno rende quest1 onorevole testimonianza a Sesto Pompeo figlio di Sesto Pompeo Strabone , che essendo uomo di singolare ingegno, non solo nel diritto e nella stoica filosofia , ma nella geometria ancora divenne illustre: Dicebat etiam L. Scipio non imperite, Gnaeusque Pompejus Sex. filius aliquem numerum obtinebat. Nam Sextus frater ejus praestantissimum ingenium contulerat ad summam juris civilis et ad perfectam geometriae et rerum Stoicarum scientiam (De Cl. Orat. n. 47); e altrove: in geometria Sex. Pompejum ipsi cognovimus (De Offic. l. 1, n. 6). Ma intorno a questo geometra nuli’ altro sappiamo.