Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/557

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5o8 pxrte m cui si possono intendere le parole stesse di Plinio Io , qui recherollo secondo l’edizione del P. Arduino.l (. 26, c. ,10). Ei (obelisco) qui est in Campo divus Augustus addidit mirabilem usum ad deprehendendas solis umbras, dierumque ac noe tinnì ita magnitudines, strato lapide ad magnitudinem obelisci, cui par fieret umbra brumae confectae die, sexta hora; paulatimque per regulas (quae sunt ex aere in dusae) smgubs dic.bus decrescerei, ac rursus aua cerei; digna cognitu res et ingenio faecundo mathematici. Apici auratam pilam addidit; cujus umbra vertice colligeretur in se ipsa, alias enormi ter j acalante apice, ratione, ut ferunt, a capite hominis intellecta. Or due sono singolarmente le cose che a questo luogo cadono in quistione. La prima si è,.se Plinio ci voglia qui descrivere un orologio solare, ovvero un gnomone ossia una linea meridiana. A me non appartiene il decidere tal contesa che nulla ha di comune coll’argomento di cui ho preso a trattare. Solo rifletto che il parere di molti uomini eruditi, e singolarmente de’ più dotti matematici di questo secolo, è che un gnomone sia quello che qui da Plinio ci vien descritto. Veggasi su ciò il dottissimo libro che il canonico Angiolo Maria Bandini, ora bibliotecario della Laurenziana in Firenze, su quest’argomento pubblicò in Roma l’anno 1750, cioè, due anni soli da che quest’obelisco medesimo ora stato disotterrato a’ tempi di Benedetto XIV, per opera del celebre Niccolò Zabaglia. In questo libro egli ha prodotto le lettere di molti chiarissimi uomini, e tra essi del P. Boscovieh,