Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/615

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. PARTE TERZA illusili fbsser tra questi cbc non tra quelli. Anzi ove abbiamo esaminata l’origine del dicadimento della romana eloquenza, si è veduto che, per testimonio dell’autore del dialogo de Causis corruptae, eloquentiae, essi non erano mai stati in gran pregio, e che uomini assai mediocri erano comunemente, e tali che bastar non potevano certamente a formare un perfetto oratore. Alcuni nondimeno ve n’ebbe eccellenti nell’arte loro ed illustri, e perciò cari sommamente a’ grandi uomini di quel tempo, come di sopra si è detto. VITI. Il principale esercizio de’ retori era quello del declamare, in cui non solo istruivano e esercitavano i lor discepoli, ma spesso si occupavano aneli’ essi. Proponavasi qualche argomento somigliante a quelli che trattar si solevano più frequentemente nel foro, e di esso si ragionava, come appunto credevasi che sarebbe convenuto fare in tale occasione. Il quale esercizio era certamente vantaggioso al sommo, come vantaggioso è a’ soldati il venire a finte battaglie per addestrarsi alle vere. Quindi uomini anche già avanzati in età e avvolti ne’ pubblici affari usavano spesso di declamare. Così di Gneo Pompeo racconta Svetonio (ib. c. 1) che sul principio della guerra civile per disporsi a rispondere a Curione. il quale preso avea a difendere la causa di Cesare, ripigliò l’esercizio del declamare da molto tempo interrotto; e che M. Antonio ed Augusto, anche mentre stavano in campo nella guerra di Modena , solevano a ciò dar qualche tempo. Ma Cicerone singolarmente era di questo