Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/622

Da Wikisource.

LIBRO TERZO 5^3 allora a vergognarsi dell’antica lodevole semplicità. Ma ciò che fa al nostro argomento, si è la raccolta grande di libri ch’ei fece, e l’uso che agli uomini eruditi ne concedette. Moltissimi, come narra Plutarco (in ejus Vita), e scritti con somma eleganza egli ne unì, e volle che la sua biblioteca non meno che le scuole e i portici che vi eran d’intorno, aperte fossero a’ dotti, e a’ greci filosofi singolarmente, de’ quali allora era gran numero in Roma. Ivi dunque raccoglievansi essi, e spesso i giorni interi vi passavano disputando. Lucullo stesso v’interveniva sovente, e di qualunque cosa fosse lor d’uopo, prontamente li compiaceva5 nè abbastanza si può spiegare qual premura e qual amore egli avesse singolarmente pe’ filosofi greci. Onoravali e favorivali in ogni maniera; seco li tratteneva a mensa, e voleva che la propria casa fosse loro comune. Tutto ciò Plutarco. La biblioteca di Lucullo viene ancor rammentata da Cicerone (De Fin. l. 3, n. 1); il qual dicendo di avervi un giorno trovato Catone circondato da molti libri di filosofi stoici, ne trae occasione di dire che conveniva al giovinetto Lucullo far concepire più amore per que’ libri da suo padre raccolti, che per tutti gli altri ornamenti di quella villa in cui stava la detta biblioteca. Quindi è che Lucullo si può a ragione considerare come il primo protettore delle lettere e de’ letterati che fosse in Roma; poichè, comunque Scipione ed altri avessero alcuni poeti e alcuni filosofi onorato del lor favore, era nondimeno questo onore ristretto a pochi, e niuno avea ancor fatto ciò