Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/629

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^8o PARTE TF.RZA biblioteche, pongono ancora il famoso Varrone e tra gli altri il Falstero (Hist. Rei Litter. ap. Rom.). Ella è cosa probabile che così fosse; ma le testimonianze ch’egli ne adduce, nol provano in modo alcuno. Reca egli il passo di Plinio il Vecchio, ove dice (l. 7,c. 30): M Varreni s in bibliotheca, quae primi in orbe ab Asinio Pollione ex manubiis publicata Romae est unius viventis posita imago est Ma basta sapere un pochissimo di latino per intendere che Plinio parla qui della biblioteca di Pollione di cui parleremo noi pure tra poco, e che dice che al soloVarrone, tra gli uomini illustri che allor vivevano, fu in essa innalzata una statua. I due testimonii di Gellio (l. 3, c. 10, e l. 14, c. 7), ch’egli pur cita, in cui racconta che nella proscrizion di lui fatta la sua biblioteca fu rubata e dispersa, possono ancora intendersi, come confessa il Falstero medesimo , de’ libri da Varrone composti, che formar potevano quasi un’intera biblioteca. Quindi, benchè si possa probabilmente pensare che non mancasse al dotto Varrone questo ornamento (*), che era allora comune a tutti gli amanti della letteratura, non vi ha però argomento ad affermarlo sicuramente. X. Ma tutte queste biblioteche eran private; nè i cittadini potevano usarne, se non quanto (*) Una testimonianza assai più sicura ili quelle che adduconsi dal Falstero a provare che Vairone avea la sua propria biblioteca, trovasi in una lettera di Cicerone allo stesso Varrone: Si liortum in b’bliotheca habes, deerit nihil (Fornii. I 9, ep. i\).