Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/638

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confessar nondimeno che per riguardo a’ Romani non si può ammettere generalmente. Uomini dotti si certo eran quelli che alla custodia delle biblioteche si destinavano; ma erano per lo più grammatici, i quali, come già si è veduto, erano comunemente liberti o schiavi. E pare in fatti che i Romani si dilettassero bensì degli studi, quanto apparteneva a coltivar quelle scienze che più loro erano in grado; ma che tuttociò, in che alla erudizion congiugnevasi la fatica di istruire e di insegnare a’ fanciulli, di ordinar biblioteche, o altre cose somiglianti, fosse da essi stimata cosa men degna della gravità di un cittadino romano. Questa osservazione fu fatta ancora dall’erudito Pignoria: Apui’imperatores erant non pauci (servi), quibus hoc munus incumberet, cum haec ordinandarum et publicandarum bibliothecarum cura non omnino videretur imperii majestatem decere (De Servis, p. 109).

Capo IX.

Greci eruditi in Roma.

I. Questo che abbian finora descritto, era il lieto e fiorentissimo stato in cui trovavasi la romana letteratura a’ tempi di Cesare e di Augusto; ei’io non so se troverassi altro secolo che un sì gran numero d’uomini, quali in una, quali in altra, e molti in molte scienze eccellenti, possa vantare, e tutti in una sola città insieme raccolti. L’onore in cui erano in Roma