Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/112

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recitando suoi versi mostrava di aver appresi gli elementi delle scienze. Fin qui Tacito. La sola poesia adunque fu quella a cui Nerone mostrò qualche inclinazione. Nel che però, s’egli stesso veramente componesse i versi, o se si usurpasse gli altrui, non è facile a diffinire, e discordano su questo punto Tacito e Svetonio. Perciocchè quegli racconta (l. 14, c. 16) che Nerone radunar soleva quelli tra’ giovani che sapessero alquanto di poesia; e che essi insieme con lui sedendo acconciavano i versi eli’ ei lor mostrava; e alle parole qualunque fossero da lui usate davano il suono e la cadenza poetica; il che, aggiugne Tacito, chiaro si vede dagli stessi suoi versi che non hanno estro nè brio alcuno, nè sono di uno stile uguale e seguito. Svetonio al contrario (c. 52) rigetta apertamente questa opinione, e dice essere falso ciò che altri asseriscono, che Nerone spacciasse gli altrui versi per suoi; e eli’ egli avea veramente facilità e prontezza in poetare; e ne reca in prova alcuni libri di versi, ch’egli stesso avea veduti, scritti per man di Nerone medesimo, e pieni di correzioni e di cancellature, talchè era chiaro eh* erano da lui stesso stati composti e ritoccati. Ma checchessia di ciò, questo qualunque studio di poesia ad altro non giovò che a render Nerone sempre più vile e abominevole al mondo. Spettacolo veramente degno della grandezza e della maestà romana! Vedere un imperadore vantarsi più che di un solenne trionfo della sua creduta eccellenza in verseggiare, in sonare la cetra , in recitar dal teatro; comandare-