Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/113

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76 Libro

che i suoi versi letti fossero e dettati a modello di perfetta poesia nelle pubbliche scuole (Persius sat. i, v. 29; V. Interpretes); mandare qua e là per Roma uomini prezzolati a recitarli, e riputare rei di lesa maestà coloro che non gli approvavano (Philostr. in Vita Apollonii l. (4, c. 13); salire egli stesso sul teatro a sonarvi la cetra, e a rappresentar commedie e tragedie; e non contento di far ciò in Roma, andarsene anche a mostrare ai Greci sì disonorevole oggetto (Dio. l. 61, c. 63). Ma io non so se fosse spettacolo più mostruoso vedere un imperador romano divenuto attore di scena, o vedere la città tutta con vergognosa adulazione applaudirgli. Potrebbe parere vantaggiosa alle lettere l’istituzion da lui fatta dei combattimenti di eloquenza e di poesia, che ogni quinto anno si celebravano nel Campidoglio, e detti erano Capitolini. Ma qual pro, se l’unico frutto che se ne vide, fu f impiegarsi gli oratori tutti e i poeti in adulare Nerone, e in dare a lui sopra tutti la preferenza (Tac. l. 14, c. 21; l. 16, c. 2)? Quindi questo impegno di Nerone per la poesia, non che essere ad essa giovevole, fu anzi a molti dotti fatale, come vedremo a suo luogo (4). Qui basti accennare per saggio ciò che narra Dione (l. 62), cioè che Nerone avendo in idea di scrivere un (a) A qualche uomo erudito mostrossi Nerone splendido e liberale, perciocché, se crediamo a Suida, fu presso lui un Didimo figliuol di Eraclide, poeta insieme e gr.unatico e musico valoroso, e vi raccolse motte ricchezze.