Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/116

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principi che mai regnassero, e detto perciò amore e delicie dell1 uman genere Svet. in Tito c. 1), avea dalla natura sortito eccellente ingegno, da lui coltivato con un diligente studio della greca e della latina favella. Scriveva elegantemente assai in prosa non meno che in versi; e in questi ancora con tanta facilità, che talvolta componevali all’improvviso (id. c. 3). Nel foro ancora si esercitò egli talvolta, ma sol nelle cause più nobili e grandi (id c. 4)Da un tal uomo che salito all’impero nulla si lasciò abbagliare dalla luce del trono, ma parve di esservi collocato sol per rendere felici gli altri, doveano le lettere ancora aspettare protezione e favore. Ma Roma per sua sventura troppo poco tempo potè goderne, e Tito dopo due anni d’impero perdè fra il comun pianto la vita, non senza colpa, come da molti fu creduto, di Domiziano suo fratello , ma troppo da lui diverso , che gli succedè nell’impero. XI. Domiziano, dice il celebre presidente Montesquieu (Grand, et dèe ad. des Rom. c. 15), fece in se stesso vedere un nuovo mostro più crudele, o almen più implacabil di quelli che aveanlo preceduto, perchè di essi più timido. In fatti i delatori, quella malnata genia che sotto Tiberio avea cominciato a far tanta strage in Roma, ritornarono a mostrarsi sotto Domiziano , e furono volentieri ascoltati; gli esilj, le confische de’ beni, i più crudeli supplicj contro ogni genere di persone per qualunque pretesto furono rinnovati; e rinnovata fu ancora la persecuzione contro de’ Cristiani. Questo bastava a fare che gli studj ancora giacessero