Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/120

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Plinio nel suo Panegirico (c. 47); e commenda la degnazione e la bontà di cui egli onorava i dotti, la protezione che accordava alle scienze che sotto di lui finalmente sembravano aver ripigliato spirito e vita, e la facilità con cui egli riceveva coloro che celebri erano per sapere. E una illustre prova ei ne diede, secondo Filostrato (Vit. Sophist l. 1, c. 7) , quando trionfando de’ Daci prese sul suo medesimo cocchio il sofista Dione Grisostomo, e più altri segni continuò poscia a dargli di benevolenza e d’amore. Nondimeno le continue guerre in cui fu avvolto Traiano, non gli permiser di fare a pro delle lettere quanto in più pacifici tempi avrebbe probabilmente fatto. XIII. Adriano, che succedette a Traiano l’anno 117, maggior giovamento ancora avrebbe potuto recare alle lettere, se i suoi vizj non glielo avessero impedito. Dotato di prodigiosa memoria, appena avea letto un libro, recitavalo fedelmente, e a somiglianza di Cesare scriveva, dettava, ascoltava e conversava al tempo medesimo cogli amici (Spart. Vita Hadrian. c. 20). La greca letteratura eragli singolarmente cara, e ne ebbe quindi da alcuni il soprannome di Grecolo (ibi c. 50). E forse questa sua inclinazione diede origine a quel grecheggiare affettato che s’introdusse in Roma, e che leggiadramente deridesi da Giovenale (sat. 6, v. 184, ec.). Ma anche nella lingua latina avea egli fatto diligente studio, dacchè singolarmente, essendo questore sotto Traiano, e recitando un’orazione in senato a nome dell’imperadore, per la rozza pronunzia di che egli usava, fu xui. Carattere i Adriano.