Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/123

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86 Libro

XIV. Per qual ragione in tempi si oluoii* tosi si continuasse nondimeno a coltivar cr.n fervore gli stu era opportuno che ad allettare i vili ed ignobili adulatori. E inoltre i continui viaggi che ei fece, pe’ quali pochissimo tempo soggiornò in Roma e in Italia, non gli avrebber permesso, quando pur l1 avesse voluto sinceramente, di recar molto giovamento alle lettere. Morì egli l’anno 138, esecrabile a tutti per la sua crudeltà non meno che per le sue dissolutezze: e degno solo di lode, perchè coli’ adottare Tito Antonino die’ all’impero uno de’ migliori principi che mai salisser sul trono. Ma di lui avremo a parlare nel libro seguente. XIV. Tali furono gl’imperatori che a questi tempi signoreggiarono in Roma; uomini per la più parte che niun pensiero si diedero di fomentare gli studj, e la cui crudeltà fu a molti dotti fatale. E certo il fervore nel coltivare le scienze, che a’ tempi di Augusto erasi acceso in Roma, sotto i seguenti imperadori rallentossi alquanto. Il danno nondimeno non fu sì grande, quanto pareva doversene aspettare; e ne abbiamo accennata già la ragione nella Dissertazione preliminare. Que’ che vivevano a (questa età, erano per lo più nati a’ lieti tempi d’Augusto; avean ricevute le prime istruzioni da’ grandi uomini che allor fiorivano, erasi ad essi ancora comunicato quel nobile ardor per gli studj di cui Roma era compresa. Era in somma a guisa di un vasto incendio che non poteva estinguersi così facilmente. Vi ebbe dunque a questo tempo ancora gran numero d’uomini coltivatori delli ameni non meno che de’ serj studj. Ma ciò non ostante questi decaddero dall’antico loro splendore, per le ragioni che