Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/149

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Poscia tre volte un somigliante onore egli ebbe ne’ giuochi che presso Alba facevansi, e perciò detti erano Albani, de’ quali abbiam parlato più sopra. Di questo suo vanto ci fa menzione in una delle sue Selve indirizzata a Claudia sua moglie: Ter me vidisti Albana ferentem Dona , comes, sanctoque indutum Caesaris auro , Visceribus complexa tuis, sertisque dedisti Oscula anhela meis. L. 3, sii. 5. Ne1 giuochi ancora che per istituzion di Nerone, rinnovata poscia da Domiziano, celebravansi in Roma ogni quinto anno, giunse egli co’ suoi versi ad ottener la corona e l’onore insieme di assidersi alla mensa del medesimo Domiziano; di che egli rendendo grazie all’imperadore, così dice: Saepe coronatis iteres quinquennia lustris , Qua mihi felices epulas, mensaeque dedisti Sacra tuae. Talis longo post tempore venll J.ux inihi, Troianis qualis sub collibus Albae , Cum modo Germanas acies , modo Daca sonantem Praelia Palladio tua me manus induit auro. L. 4> 2. Ma il piacere che da questi onori ei traeva, vennegli amareggiato assai dal rossore che una Volta ebbe a soffrire di vedersi vinto ne’ giuochi romani. Arrigo Dodwello, che colla consueta sua erudizione ed esattezza ha esaminato l’epoche principali della Vita di Stazio (in Annalibus Statianis), conghiettura che ciò avvenisse l’anno dell’era cristiana xc ch’era il decimo dell’impero di Domiziano. Egli accenna