Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/157

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partilo appigliarsi. Ma prima di entrare in alcuna di tai quistioni, mi sia lecito il proporne un’altra. È egli oggetto di sì grande importanza il sapere ciò che appartiene all autor di quest’opera? Un componimento di cui, per quanto sembra, appena una piccola parte ci è pervenuta, e questa ancor così tronca e malconcia, che spesso si trova rotto a mezzo il racconto, e invano si cerca in molti luoghi di coglierne il sentimento; un componimento scritto (io non temerò dirlo, sicuro di aver seguace della mia opinione chiunque ha gusto di buona latinità), scritto, dico, in uno stile che benchè da alcuni si dica terso e grazioso, e il sia veramente talvolta, certo è nondimeno che ossia per difetto dell’autore, o per trascuraggine de’ copisti, è spesso oscuro, barbaro ed intralciato, e pieno di parole e di espressioni che nè sono conformi allo stile de’ buoni autori, nè, per quanto vi abbian sudato intorno i laboriosi comentatori, si possono acconciamente spiegare; un componimento in cui comunque abbiano alcuni preteso di scoprire i personaggi sotto nomi finti da Petronio adombrati , ci è forza nondimeno di confessare che non si sa, nè s’intende per alcun modo che cosa abbia egli mai preteso in particolare di rappresentarci; un componimento per ultimo, che non è quasi altro che un immondo quadro di bassezze, di sozzure, d’oscenità, meritava egli che tanti uomini dotti vi si adoperasser!attorno cotanto studiosamente? Io credo certo che se l’opera di Petronio, quale ci è giunta, avesse trattato di un argomento