Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/207

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bastante a conoscere dii sia l’autore di quest« per altro assai pregevole operetta. Unicamente possiamo assicurare eli’ essa fu scritta circa i tempi di Traiano; perciocchè vi si parla degli interlocutori, come d’uomini già trapassati. Or Materno ,come abbiam detto, fu ucciso sotto Domiziano; e Giulio Secondo, mentre Quintiliano scriveva le sue Istituzioni al tempo di Domiziano, era già morto, come egli stesso afferma (l. 10, c. 1). V. Ma se nulla possiamo determinare intorno all’autor del Dialogo, ben possiamo utilmente valerci di molte notizie che intorno allo stato dell’eloquenza di questi tempi esso ci somministra. A due capi si posson esse ridurre; a’ vizj introdotti nell1 eloquenza, e alle cagioni per cui questi vizj si erano introdotti. Di queste non giova qui favellare; poichè lungamente ne abbiam già trattato e nel precedente volume ove abbiam esposto il dicadimento dell’eloquenza seguito a’ tempi d’Augusto, e nella Dissertazione preliminare premessa al presente volume. Basterà dunque che osserviamo ciò che appartiene a’ vizj introdotti nell’eloquenza di questi tempi, aggiungendo ancora ciò che sull’argomento medesimo ha Quintiliano in più luoghi delle sue Istituzioni. VI. L’affettazion dello stile e ’l raffinamento de’ sentimenti era giunto a tal segno, che l’autor del Dialogo afferma (n. 26) che quando pur si dovesse necessariamente abbandonar la strada segnata da Cicerone, egli vorrebbe tornare all’antica severità di C. Gracco e di L. Grasso, che abbracciare l’affettata mollezza