Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/261

Da Wikisource.

224 LIBRO aspramente conteso tra due eruditi scrittori. Giovanni le Clerc nella sua Arte Critica (pars 3, sect. 3) chiamò a diligente e severo esame la Storia di Curzio; e non vi ha quasi difetto che in lui non trovasse, salvo lo stile, di cui egli ancora il loda, benchè poscia il tratti da declamatore anzichè da storico. Curzio, secondo il le Clerc, nulla sa nè di astronomia nè di geografia; confonde i racconti favolosi co’ veri; non-descrive esattamente le cose; ne racconta molte inutili, e ommette le necessarie; vuol trovare nelle Indie le traccie delle favole greche, e con greci nomi chiama i fiumi più rimoti dell’Asia; non distingue punto gli anni e le stagioni in cui accaddero i fatti ch’egli racconta; egli è finalmente un adulatore panegirista, anzichè un narratore sincero della vita di Alessandro. Parve a Jacopo Perizon che troppo severa ed anche ingiusta fosse una tale censura, e nella sua edizione di Eliano rispose a molte delle accuse dal le Clerc date a Curzio. Questi nella prefazione premessa all’edizion da lui fatta dell’Elegie di Pedone Albinovano l’anno 1703 ribattè le risposte del Perizon, il quale per abbattere totalmente il suo avversario un nuovo libro in difesa di Q. Curzio pubblicò in Leyden lo stesso anno ì ^o3 col titolo: Q. Curtius Rufus restitutus in integrum et vindicatuts. Il le Clerc, scrittor battagliero quant’altri mai, nella sua Biblioteca scelta (t. 3, An. 3) prese a dare l’estratto di questo libro, e il diede qual poteva aspettarsi* da uno scrittore irritato, e persuaso che il Perizon pubblicato avesse quel libro più per diffamare lui stesso che per