Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/266

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ammiratore. Ogni periodo e, direi quasi, ogni motto di questo storico era misterioso, e conteneva qualche profondo arcano, e felice colui che scoprivane maggior numero. Singulae paginae, dice Giusto Lipsio (in praef.), quid paginae? Singulae lineae dogmata , consilia , monita, sunt, sed brevia saepe aut occulta, et opus sagace quadam mente odorandum et assequendum. E perchè alcuni erano stati sì arditi , che avean creduto di trovare in Tacito de’ difetti, molti ne hanno fatte difese e apologie lunghissime, e il Mureto tra gli altri tre intere orazioni ha in ciò impiegate (or. 16, 17, 18), che si potranno leggere da chiunque non sia ancora ben persuaso che Tacito deve aversi in grandissimo pregio. Il Bayle ha raccolti i giudizi di molti uomini illustri intorno a questo scrittore, i quali però non sono tra loro troppo concordi. Alcuni di fatto vorrebbono ribassare alcun poco di sì gran lodi, e confesso che entro io pur volentieri ne’ lor sentimenti. Nè voglio già io negare che Tacito non abbia una forza di pensiero e di espressione superiore forse a quella di tutti gli altri storici antichi. I caratteri presso lui sono maravigliosi: in pochi tratti di penna ei ci forma il più compito ritratto che da pennello di dipintore eccellente si possa aspettare. I racconti e le descrizioni son tali che sembrano porre sott’occhio gli oggetti che rappresentano. I sentimenti, di cui egli sparge la narrazione, sono spesso di una bellezza e di una forza non ordinaria. Ma ciò che in Tacito piace sopra ogni cosa, si è ch’egli è uno storico filosofo.