Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/295

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VII. Picslo vi fanno li torno. a58 libro contro ili lui sentenza di morte, ne ebbe poi pentimento, e mandò ordine che si soprassedesse dall’eseguirla i ina inutilmente, poichè se gli fece credere che fosse già stato ucciso, e la sentenza frattanto fu prontamente eseguita (ib. c. 15; Dio l, 66). Questo esempio di necessaria severità non fu bastevole a raffrenare l’ardire de’ Superbi filosofi, e molti fra essi, e singolarmente Demetrio soprannominato Cinico, non cessavano di lacerare indegnamente la fama e il nome di Vespasiano, il qual finalmente ordinò che tutti, trattone Mausonio, uscisser di Roma, e in isole abbandonate rilegò i due tra essi più rei, Demetrio e Ostilio (Dio ib.). E perchè Demetrio vantavasi di non voler ubbidire, T imperadore mandò chi in suo nome così gli dicesse: Tu usi pur di ogni arte per costringermi a darti morte; ma io non uccido un cane che abbaia (Dio ib.; Svet. c. 13). Non vuolsi dunque incolpar Vespasiano per l’esilio a cui dannò i filosofi, i quali anzi sarebbono da lui stati onorati e protetti, se non ne avessero coll’eccessiva loro alterigia provocato lo sdegno. VII. Presto nondimeno si rividero in Roma i filosofi, o perchè Vespasiano contento di averne domato l’orgoglio loro il permettesse, o perchè, lui morto, essi credessero che niuno dovesse loro impedirlo. Certo molti ve n’avea in Roma sotto l’impero di Domiziano. Ma questi che contro ogni ordine di persone si mostrava crudele, non risparmiò punto i filosofi, e molti di essi, solo perchè attendevano a’ filosofici studj, furon dannati a morte (Dio 1.67),