Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/399

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ritrono «in* C’ilurmenlc uro. 362 LIBRO

de’ retori} anzi pare che per la protezione di cui Traiano onorava le scienze, e per l’impegno con cui il Giovane Plinio le fomentava, fosse ancora maggiore. Molti ne veggiam nominati con lode nelle Lettere di questo valentuomo} ma perchè sembrami che questa lunga enumerazione di retori debba recare a’ lettori quella noia medesima che ne risento io pure, mi ristringerò a due soli di cui egli parla con non ordinarii encomii. Il primo è Iseo che pare fosse di patria ateniese, e venuto a Roma per darvi prova del suo sapere. Grande fama, dice Plinio (l. 2, ep. 3.), n era precorsa; ma egli si è trovato maggiore ancor della fama: egli è uomo di abbondanza e di copia maravigliosa. Sempre parla all’improvviso, ma come se avesse scritto per lungo tempo. Lo stile è greco, anzi attico veramente; e siegue in tutta la lettera a dirne lodi , esaltandone la prontezza a favellar di ogni cosa , la grande erudizione , la varietà dello stile , la forza incredibile di memoria, per cui dopo aver parlato all’ improvviso per lungo tempo , ritornava da capo, e ripeteva ogni ancor menoma parola esattamente. Giorno e notte, dice, altro non fa, altro non ode, di altro non parla, se non di ciò che appartiene a studio. Ha già passato il sessantesimo anno di età, ed è ancor semplice scolastico ossia declamatore. Quindi invita caldamente Nipote, a cui scrive, a venire ad udirlo; e tu se’ , gli dice, un uom di sasso, o di ferro, se non brami di conoscerlo e di udirlo. Questo retore vien rammentato ancora da Giovenale, il quale per denotare un uom