Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/401

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364 LIBRO da cui egli apprenderà prima il costume, poi ! l’eloquenza, che senza il costume male si apprende. XIII. Questa sì gran copia (di retori illustri - che era in Roma, pare che avrebbe dovuto o tenere in vigore, o almeno far rifiorire i’ elo’ quenza de’ tempi di Cicerone. E nondimeno i retori stessi furono in gran parte cagione che ella andasse ognor più decadendo. Già abbiam veduto con qual disprezzo ne parla l’autor del Dialogo sul decadimento dell’eloquenza. Uomini che per lo più non aveano altra scienza che quella di parlar facilmente ed elegantemente, in altro non istruivano spesso i loro uditori che a tentare arditamente la stessa carriera, senza prima corredarli di quel sapere che a saggio ed eloquente orator si conviene. L’affettazion dello stile, i detti sentenziosi, le antitesi, le sottigliezze erano il principale ornamento de’ retori di questo tempo; i lor discepoli si sforzavano d’imitarli , e quindi divenivano pessime copie di cattivi originali. Così l’eloquenza andava di età in età degenerando dall’antico splendore, e accostandosi ognor più alla sua totale rovina. Ma di ciò si è parlato altrove assai lungamente; nè è questo il luogo a cui appartenga la storia dell’eloquenza.