Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/41

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crudele, dicono essi, in cui i sudditi debbano continuamente temere o insidie, o violenze, come è possibile che coltivar si possan gli studj che richiedono animo tranquillo e lieto? Al contrario in un governo dolce e soave, in cui la saggia provvidenza del principe, o la con-J cordia do magistrati assicuri la felicità dello Stato e la tranquillità e la pace de’ cittadini! si volge volentieri il pensiero a’ begli studj che si possono agiatamente e con onor coltivare! E a questo comunemente si attribuisce la decadenza degli studj dopo il regno di Augusto. Poteva egli sperarsi che mentre ogni cosa in Roma era piena di timori e sospetti, mentre una parola pronunciata o scritta men cautamente bastava a render uno reo di morte , mentre in somma l’invidia, la prepotenza, la crudeltà era arbitra de’ beni e della vita de’ cittadini , si attendesse agli studj? Nè può negarsi che uno Stato felice e tranquillo sia a ciò più opportuno di assai che non uno Stato torbido, sedizioso e sconvolto. Ma i fatti qui ancora ci mostrano che non può questa recarsi per prin cipal ragione del diverso stato della letteratura. Egli è certo che il regno de’ primi Cesari che immediatamente succederono ad Augusto, fu più crudele assai di quello di molti de’ lor successori; alcuni de’ quali furono esempio di sovrana clemenza, e si mostrarono veri padri della pa tria e del popolo. E ciò non ostante le scienze assai minor tracollo soffersero sotto i primi che sotto i secondi. La nostra Italia fu certa mente assai più tranquilla e felice nel secolo! scorso che al fine del secolo xv e al principi