famosi artefici, fece a tutte troncare il capo,
perchè il suo vi fosse sostituito (ib. c. 22). Tra
quelle a sì pazzo uso da lui destinate era la
statua di Giove Olimpio, lavoro del divino Fidia; ma gli architetti col persuadere a Memmio
Regolo, il quale aveane avuto il comando, che
non era possibile il trasportarla salva ed intera
a Roma, ottennero finalmente ch’ella non fosse
rimossa. La sola opera che troviam di Caligola intrapresa, si è l’erezion di un obelisco
nel Circo, di cui parla Plinio (l. 36, c. 10) ,
ma in modo che sembra che l’opera fosse
bensì da Caligola cominciata, ma finita sol da
Nerone.
IV. Il Winckelmann annovera ancor Claudio
tra gli imperadori nimici delle belle arti (Hist. 1
de l’Art. t 2, p. 281). È certo l’ordine da lui 1
dato di cancellare da due famosi quadri di
Apelle, che vedevansi in Roma, la testa di
Alessandro, per sostituirvi quella di Augusto
(Plin. l. 35, c. 18), fa chiaramente conoscere
quanto infelice estimatore egli fosse di tai lavori. Noi veggiam nondimeno che molte pregevoli statue fece ei trasportare a Roma, come
alcune di un cotal porfido rosseggiante, cui
Vitrasio Pollione suo procuratore gli mandò
dall’Egitto (id. l. 36, c. 7). Così pure si rammenta da Plinio il colosso di Giove, ch’egli fece
innalzare nel campo di Marte (l. 34j c. 7). Ma
singolarmente a tenere in fiore le belle arti
non poco dovettero contribuire le magnifiche
opere da lui intraprese, e condotte con più felice successo, che non dovesse da lui aspettarsi; come il porto di Ostia, l’asciugamento
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