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386 LIBRO del lago Fucino, e acquedotti e canali, ed altre opere di regia magnificenza (Svet. in Cl. c. 20; Plin. l. 36, c. 15; Dio l. 60), che senza valorosi architetti non potevansi certamente eseguire. V. Roma fu debitrice a Nerone di molte pregevolissime statue eh’egli vi fe’ trasportar dalla Grecia per ornare il suo celebre palazzo d’oro, ma con tal violenza, che si rendette a tutti esecrabile. Cinquecento statue di bronzo dal solo tempio di Apolline in Delfo furono trasportate a Roma (Paus. l. 10).Fra queste pensa il Winckelmann che fossero probabilmente le due celebri statue che ancor si veggono, di Apolline a Belvedere, e del Gladiatore nella villa Borghesi, delle quali, e della prima sin- 1 golarmente, egli parla con tale entusiasmo che sembra rapito fuor di se stesso nel contemplarla (3). Nè solo volle Nerone ornare di straniere statue Roma; ma ancora un tal monumento innalzare alla sua gloria, che ne rendesse a’ posteri eterno il nome. Era a que’ tempi nelle Gallie Zenodoro scultore insigne, di cui narra Plinio (l. 34, c. 7) che nella città di Auvergne avea con un lavoro di dieci anni fatta una statua di Mercurio di sì gran pregio, che fu venduta per quaranta milioni di sesterzj che corrispondono circa ad un milione di scudi (a) Del palazzo d’oro di ¡Verone , di cui furono architetti Celere e Severo, seggasi la descrizione che, seguendo gli antichi scrittori ci ha data il sig. Francesco Milizia (Meni. degli Ardii letti, t. 1 , p. 5g, ed. Ba ss.).