Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/445

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4o8 LIBRO sit de dignitate artis morientis (l. 35, c. 5): parole che in altro senso non si possono, a mio parere, intendere se non in questo, che la pittura era decaduta per modo che sembrava omai vicina a perdersene interamente l’arte. Di questo decadimento medesimo doleasi fin da’ suoi tempi anche Vitruvio (l. 7, c. 5) 5 e nel precedente volume abbiamo osservato che in qualche edificio che ci rimane dei tempi d’Augusto, vedesi l’architettura medesima allontanarsi dalla sua bella e maestosa semplicità. Lo stesso osserva il Winckelmann (Hist. de l’Art, t. 2, p. 309) nelle sculture che ci sono rimaste singolarmente de’ tempi di Traianot e di Adriano. Ma non parmi probabile la ragione ch’egli ne adduce. Forse, egli dice, se ne dee indicar la cagione nell’impero della superstizione distrutto, e nella propagazione del cristianesimo. La religione cristiana non era a questi tempi così diffusa, che il maggior numero non fosse di idolatri. E innoltre, se non ostante la religion cristiana vi ebbe, come vi ebbe di fatto, gran copia di scultori, di pittori, di architetti , perchè non furon essi eccellenti? Le ragioni medesime che nella Dissertazion preliminare abbiamo arrecate a spiegare il decadimento delle scienze, debbonsi arrecare qui ancora: mancanza di stimoli e amore di novità. Quella distolse molti dall’applicarsi a coltivar le bell’arti; e quindi, come allor quando moltissimi le coltivavano, solo alcuni pochi furono eccellenti, così scemandosi il numero de’ coltivatori, appena trovossi chi in esse, si acquistasse gran fama. Questo invogliando