Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/476

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SECONDO 4^9 ogni occasione di altri giuoclii profani c sacrileghi. Ma benchè ai tempi de’ quali ora trattiamo , si celebrassero cotali giuochi, e benchè veggiam nominati poeti che recitavano nell’Ateneo, e che componevano epitalamj in occasione di nozze, e questi ancora fino al numero di cento; certo è nondimeno che assai minore fu il numero de’ poeti, di quel che fosse in addietro. In fatti in tutto questo spazio di tempo tre soli ne possiamo additare, le cui poesie siano a noi pervenute5 e di quelli ancora di cui sappiamo che esercitaronsi in verseggiare, vedremo che fu scarso il numero. E forse a quel tempo vi eran parecchi che solo in qualche occasione prendevan tra le mani la cetra, ma fuor di essa non si curavano di coltivare uno studio che non era più in gran pregio. II. Il primo de’ tre accennati poeti (se pur gli può convenire un tal nome) è Quinto Sereno Samonico, di cui abbiamo un poema didascalico, o, a dir meglio, molti versi intorno alla medicina, che non sono i più eleganti del mondo, e ci e punto non hanno di brio e di vigore poetico. Di qual patria e di qual condizione egli fosse, nol possiamo raccogliere. Alcuni hanno affermato che e’ fosse spagnuolo, ma questa opinione è combattuta ancor dall’autore della Biblioteca spagnuola, cioè dal celebre Niccolò Antonio (Bibl. hisp. vet l. 1 , c. 20). Sappiamo eli’ egli era uomo assai dotto; e tale il dice Macrobio (Saturn , l. 2, c. 12) che reca un passo di non so quale sua opera scritta ad Antonino Caracalla. Da questo passo 11. Noiitie dà Sereno Santonico.