Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/477

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44o LIURO medesiiuo nondimeno noi raccogliamo clic cominciavasi allora a non avere molta perizia nella stessa storia del secolo precedente; perciocchè Sereno citando un detto di Plinio il Vecchio dice che questi visse fino a’ tempi di Traiano confondendo così insieme i due Plinj. Un altro frammento tratto da non so qual altra di lUi opera, ove parla della legge Fannia contro il lusso delle mense, ci ha conservato lo stesso Macrobio (ib. c. 13); il quale innoltre fa menzione (ib. l. 3, c. 9) del quinto libro delle Cose recondite dello stesso Samonico, e da esso trae le due solenni gravissime formule con cui gli antichi Romani solevan talvolta sopra le nemiche città chiamare lo sdegno de’ loro Dii; le quali formole dicevansi l’una evocare Deos, l’altra devovere Diis. Altri frammenti ancor di Samonico si citano da Arnobio (l. 6 adv. Gentes) e da Servio (ad l. 1 Georg. Virg.); e altrove abbiam detto de’ Distici di Catone, di cui vuolsi da alcuni eh1 egli sia autore (V. t. 1, p. 144). Fu egli assai caro a Geta, fratello di Caracalla, di cui narra Sparziano che soleva leggere spesso i libri di Samonico indirizzati a suo fratello (in Geta c. 5), che eran forse quell’opera stessa che abbiam veduta rammentarsi da Macrobio. Così pure di Alessandro Severo nan a Lampridio (in ejus Vita, c. 30), che avendo assai amato in vita Samonico, con piacere leggavane i libri. Egli finalmente aveva una copiosissima biblioteca di sessantadue mila volumi, che essendo poscia passata alle mani di Sereno Samonico suo figlio, questi morendo ne fè dono al secondo de’ tre