uom dabbene, e nella antica letteratura versato assai (l. 19, c. 7). Tossozio senatore della famiglia degli Antonini vivea al tempo di Massimino I, e alcuni poemi avea composti che al tempo di Giulio Capitolino ancora si conservavano (Capit. in Maximin. jun. c. 1). Abbiam già fatta menzione di Aurelio Apollinare, che da Vopisco si dice scrittor di jambi (in Caro, ec. c. 11), e autore di una Vita dell'imperadore Caro, la qual però non sappiamo
se scritta fosse in versi, o in prosa. Aggiungansi quelli tra gli imperadori da’ quali abbiam
detto che fu coltivata la poesia , come Lucio
Vero, Alessandro Severo , i Gordiani, Gallieno
e Numeriano. Fuor di questi e di qualche altro che venga per avventura accennato dagli
antichi scrittori, io non saprei quali altri poeti
additare di questi tempi. Il che dee farci conoscere che e pochi coltivatori ebbe allora la
poesia, trattone alcune rare occasioni in cui
era onorevole e vantaggioso f esser poeta 5 o
se ebbene molti, questi non furon troppo felici nel poetare , e i lor versi perciò vennero
presto dimenticati.
VI. Ciò che mi sembra più strano, si è che
anche di poesie teatrali appena trovasi in quest’epoca autore alcuno. Io veggo sol nominato
da Giulio Capitolino (in Marc. Aur. c.8) un Marullo scrittor di Mimi, di cui egli racconta che
soleva co’ mordaci suoi scherzi pungere i due
imperadori Marco Aurelio e Lucio Vero, e che
questi dieder pruova della loro mansuetudine col
non farne risentimento. Di lui parla ancora Servio (ad ecl. 7 Virg.) dicendo che nel compone
vi.
La poesia
teatrale quasi del tuli»
negletta.