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534 LIBRO re Lottario, ma che ora più non si vede, e, come narra il diligentissimo illustratore delle antichità milanesi de’ bassi secoli conte. Giorgio Giulini (Mem, della città e camp, di Mil. t. 2, p. 233), fin dall’anno 1612 il cardinale Federigo Borromeo cercò invano di ritrovarla. L’iscrizione fu prima d’ogni altro copiata sul sasso stesso da Tristano Calchi che la inserì nella sua Storia milanese da lui composta verso il principio del xvi secolo, ma pubblicata solamente l’anno 1618; poscia il celebre Andrea Alciati la inserì egli nella breve sua Storia della sua patria scritta poco dopo quella del Calchi, ma essa pure stampata solo l’anno 1625: ma dove il Calchi aveala sinceremente copiata, qual era, guasta da’ moderni scalpelli, sicchè appena in più luoghi se ne rilevava il senso, l’Alciati, come egli stesso confessa, a forza di congetture la diede intera e finita (12). Da lui è probabile che l’avesse l’Appiani, il quale le diede luogo nella sua Raccolta d’Iscrizioni (p. 55), per tacere di altri moderni autori che similmente l’han pubblicata, tra’ quali è stato il ch. Muratori (Thes. Inscr. t. 2, p. ^3 2). In essa dopo avere esposte tutte le dignità e gl’impieghi di Plinio, e dopo annoverati i doni e i legati da lui fatti al popolo per testamento, (ì7) L’iscrizione di Plinio fu dal tempio di S. Ambrogio dopo la metà del secolo xvi trasportata entro del monastero, così divisa, com’era, ma poscia pochi anni dopo indi pure fu tolta, e tre pezzi, non si sa come , ne furori trasportali a Tradate nella diocesi di Milano, e poscia si smarrirono totalmente. (V. Cicereji Epist. t. 2, p. 1 09).