Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/587

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55o LIBRO ancorché di Panteno si dovessero veramente intendere quelle parole sicula apis, ciò non ostante , come sappiamo che le api siciliane erano singolarmente in pregio per la dolcezza del loro mele (Plin. Hist. l. 11, c. 13,. 14)? P°~ trebbesi dubitare che Clemente con un tal nome appellasse Panteno non a indicarne la patria , ma a spiegarne l’erudizione, nella stessa maniera che noi d’un uomo furioso e impotente diciamo che egli pare un leone africano. Io non voglio dunque nè togliere un tal onore a’ Siciliani, nè valermene come di cosa che appartenga certamente all’Italia; e molto più che non sappiamo eli’ egli in Italia ponesse il piede, vissuto prima in Alessandria, e di là passato a recare il Vangelo all’India. L’esempio sol di Lattanzio chiamato a Nicomedia per tenervi scuola di rettorica basta a mostrarci che fin da’ primi secoli non era questo esercizio creduto non proprio d’uom cristiano; e che perciò non dee credersi al Funcio (De vegeta lat. ling. senect. c. 1, § 21) e ad alcuni altri scrittori. i quali affermano che tutti quelli i quali dall’idolatria passavano al cristianesimo, abbandonavano tosto i profani studj della poesia e dell’eloquenza. Ma di Lattanzio dovrem favellare tra poco, e allora insiem mostreremo per quali ragioni crediamo di poterlo probabilmente annoverare tra’ nostri scrittori. IV. Veggiamo ancora tra’ Cristiani de’ primi secoli il celebre Minucio Felice trattar le cause nel foro romano. È incerto a qual tempo ei vivesse precisamente, perciocchè il Dodwello sostiene eli’ egli fiorisse agli ultimi anni