Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/599

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5(Ì2 libro sol basterebbe; perchè ne’ Fasti della Chiesa si dovesse onorar Costantino del glorioso soprannome di grande;, che il consenso delle nazioni e de’ secoli gli ha conceduto. Ma egli se ne rendette ancor meritevole e in guerra con valor militare, per cui combattendo felicemente i domestici e gli stranieri nimici giunse a tal fama che molte nazioni barbare ne chiesero spontaneamente F alleanza e la protezione, e in pace col mostrarsi adorno di tutti que’ pregi che conciliano a un sovrano l’amore e la venerazione dei sudditi. Tale è il carattere che di Costantino ci hanno formato tutti gli autori per lo spazio di quattordici secoli; e non i Cristiani soltanto, ma gl’idolatri ancora, se se ne traggono Giuliano l’Apostata e Zosimo, i quali troppo chiaramente dimostrano il rabbioso loro livore contro de’ Cristiani, talchè di Zosimo dice lo stesso Fozio (In Bibl.) ch’egli comunemente abbaia contro tutti gli uomini dabbene. Aurelio Vittore fra gli altri, che visse al medesimo secolo di Costantino, ne parla con somme lodi (De Caesar. c. 41)) benchè egli stesso ed altri non abbian dissimulati i difetti che in lui pure si videro, e i falli in cui cadde singolarmente negli ultimi anni della sua vita. Ma finalmente il sig. di Voltaire ha ingegnosamente scoperto ed eloquentemente mostrato in più luoghi delle sue opere che quel Costantino a cui si era finor accordato il soprannome di Grande, non fu che un ipocrita, un impostore e un crudele tiranno. Noi ci rallegriamo con lui di sì belle scoperte: ma prima di dichiararci seguaci della sua opinione, come