Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/603

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566 LIBRO dichiara che i professori delle scienze, benchè non debbano essere costretti ad accettare le cariche della repubblica, possan però accettarle, quando lor piaccia: Fungi eos honoribus volentes permittimus, invitos non cogimus. Un’altra pruova ancora del suo amor per le scienze diè Costantino ne’ privilegi e nelle libertà di cui onorò Atene, ove esse allora fiorivano felicemente, di che ci ha lasciato memoria lo stesso suo nimico e biasimatore Giuliano (Or. 1). Finalmente, per testimonianza di Eusebio, egli facea con grandi spese raccogliere e moltiplicare i Sacri Libri, per riparare il danno loro recato dagl’imperadori idolatri, che di ogni sforzo aveano usato per toglierli intieramente dal mondo (Vit. Constant. l. 3). IV. E ciò non ostante gli eruditi Enciclopedisti, ossia il signor Diderot, sembrano accusar Costantino, come se fosse sì rozzo che appena sapesse leggere. Raccontano essi (Encycl. t. 4, art. Eclectisme) sulla fede di Eunapio, che Costantino per una pueril vanità di raccogliere nel teatro più grandi applausi radunata avea a Costantinopoli una innumerabil ciurmaglia di prigionieri, di stranieri e di barbari. Era dunque la città piena di abitanti che solean recarsi al teatro, reggendosi a grande stento in piedi, tanto essi erano ubbriachi. Ma frattanto i contrarj venti avendo vietato l’entrar nel porto alle navi che vi conduceano i viveri, il popolaccio costretto a venir digiuno al teatro, non fece udire le solite acclamazioni. Sorpreso l’imperadore ne chiede il motivo. I nimici di Sopatro (celebre filosofo di quel tempo) gli