Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/655

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VI. K pmrìa in Milano: altri professori ivi. 6l8 LIBRO r arte rettorie a, e a raccoglier dapprima alcuni in mia casa, a’ quali io mi era già fatto conoscere. Ed ecco ch’io veggo farsi in Roma altre cose che in Africa non si facevano. Perciocchè io seppi che non eravi veramente il disordine da me veduto in Cartagine, ma molti giovani, dicevanmi alcuni, qui si uniscono insieme, e per non pagare al maestro la dovuta mercede lo abbandonano, e sen vanno altrove. Queste ultime parole han fatto credere ad alcuni che S. Agostino non avesse già la sua scuola nel pubblico Ateneo, ove i professori aveano dal regio erario il determinato loro stipendio, ma nella privata sua casa. E forse fu così veramente; ma le parole sopraccitate nol provano abbastanza; perciocchè il tempo in cui S. Agostino sen venne a Roma, potè essere facilmente quel tempo stesso in cui a’ professori sottratto fu lo stipendio , come altrove abbiam detto; e in cui perciò dovettero esser costretti a riceverlo nuovamente, come ne’ più antichi tempi era in uso, da’ lor discepoli. Ciò accadde a’ giorni di Simmaco, e a’ giorni appunto di Simmaco venne a Roma S. Agostino, come da ciò che or siamo per dire, sarà manifesto. VI. Era un anno a un dipresso che S. Agostino trovavasi in Roma, quando i anno 384 giunse a Simmaco prefetto della città un’ambasciata de’ Milanesi che il richiedevano perchè volesse loro inviare un professor di rettorica. Questa ambasciata è un onorevole testimonio non sol della fama in cui erano gli studj romani, ma dell’impegno ancora con cui coltivavansi