Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/680

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QUARTO 643 fatto fa onorevol menzione di Avieno, e lo introduce tra gl’interlocutori de’ suoi Dialogi. Quindi par certo che tutte queste opere siano del medesimo tempo; e quindi si può ancora asserire con fondamento che siano del medesimo autore. Un’altra quanto laboriosa, altrettanto inutile opera avea Avieno composta, come narra Servio (in l. 10 Aeneid. ad v. 388), cioè la traduzione in versi jambi di tutta la Storia di Livio. Di qualche altro breve componimento che da alcuni si attribuisce ad Avieno, veggasi il Fabricio (Bibl. lat l. 3, c. 11). Ei non è certamente molto elegante poeta, e le sue favole son troppo lontane dall’aurea semplicità di quelle di Fedro. Ma nondimeno, come abbiam di sopra accennato in confronto cogli scrittori di prosa di questo tempo medesimo, ei può aver lode di colto e non dispregevol poeta. III. Gli Spagnuoli pensano di aver diritto ad annoverare Avieno tra’ loro scrittori. Niccolò Antonio, più modesto di alcuni altri che l’hanno francamente affermato, dice solo che questa opinione è assai probabile (Bibl. hisp. vet. l.2, c. 9). Tutte però le ragioni eli’ egli ne arreca, si riducono al lodar eli’ egli fa gli Spagnuoli, chiamandoli magnanimi, e alla minuta descrizione che fa de’ luoghi intorno a Cadice, cui egli dice di aver veduti (in descr. Orae marit.), e al citare ch’egli fa talvolta i libri Cartaginesi. Le quali ragioni se bastino a crederlo spagnuolo, lascio che ognuno il decida per se medesimo. Io penso che assai più forte ragione possiam noi arrecare a crederlo italiano. Lo Spon (Misceli.