Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/12

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PREFAZIONE XI parlare usato in Italia (1). Qual maraviglia che ne nascesse quindi una lingua che, in mezzo a molte voci e a molte maniere di dire prese da’ Barbari, ritenesse ciò non ostante in gran parte la dolcezza e I’ armonia della lingua latina? Per ciò poi che appartiene al terminar di ogni parola con qualche vocale, che è proprio della lingua italiana , se al march. Maffei non sembra difficile che essa si sia potuta formare dalla latina , ove pure moltissime son le parole che terminano con consonante , non deegli sembrare strano chJ essa abbia potuto prender l5 origine ancor da quelle de’ Barbari. Sembra adunque che debba ancor ritenersi la, più antica e la più comune opinione, cioè che la lingua italiana sia nata dal corrompersi che fè la latina per le invasioni de’ Barbari e degli stranieri che innondaron l’Italia. Nondimeno questa opinione ancora soffre una non lieve difficoltà, a cui non so se da alcuno siasi posta mente. Se la lingua italiana è nata dal corrompimento della latina, converrà dire che questa sia venuta a poco (*) Opportunissimo a questo proposito è il passo «li Cicerone prodotto dal sig. Laudi nelle sue note al Compendi/) francese della mia Storia (l. □, p. 3^9, ec.) ove quel grand’uomo ridette clic dagli stranieri stabilitisi in Atene c in Roma orasi cominciata a corrompere la lingua greca non meno clic la latina: Millo C. Laeliitm , P. Scipionem: actalis illius ista futi laus, tamquam innocentiae, sic Ialine loqutndi.... Sed Itane rem deteriorem vetustas feeit et Homae, et in Oreria: conjluxerunt eni/n et Alhcnas et in itane urbcm multi inquinate loqutnles ex diversis locis: quo magis expurgandus est sermo {De Claris Orai. n. 74 V Aggiugne poscia il suddetto compendiatore, clic ove io ho asserito che i Siciliani, i quali furono i più antichi tra’ poeti italiani, amavano di terminar le parole rolla vocale, ho forse forcata la vera origine di quella generai desinenza in vocale che ha la lingua italiana, perciocché c facile che dalla Sicilia, ove ri dice (ma non so con qual fondamento) che Un da1 tempi in cui vi si parlava il greco secondo il dialetto dorico , quel popolo amava assai le vocali, si propagasse questo costume in Italia. Ma parmi che converrebbe recare sicure pruove di questo amore antichissimo de’ Siciliani per le vocali. Finalmente egli produce alcune riflessioni comunicategli da M. Castillon, che però protesta di non aver letta la Verona illustrata del march. Maffei, colle quali egli erede che si possa conciliare la mia opinione con quella del dottissimo scrittor veronese. Ma chi esamina attentamente ciò che questi ha scritto, vedrà che troppo è difficile una tale conciliazione.