Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/122

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PIUMO (}I Servilione, come da lui medesimo si raccoglie (l. 5, ep.12). Alcune nondimeno delle sue poesie ei certamente compose essendo già diacono, come quella eh1 è intitolata: Dictio Ennodii Diaconi, quando Roma rediit (l. 2, epigr. 6), onde convien credere che solo in esse si occupasse , quando le circostanze eran tali che non potea sottrarsene. Frattanto nella sede vescovil di Pavia a S. Epifanio era succeduto S. Massimo; e con lui Ennodio ancor diacono al principio del sesto secolo sen venne a Roma, e intervenne a un de’ Concilj tenuti in occasion dello scisma di Lorenzo contro il pontefice Simmaco, in difesa del quale egli scrisse un’apologia che fu avuta in sì grande stima, che venne inserita negli Atti stessi del Sinodo. Noi l’abbiamo ancora, come pure un panegirico da lui recitalo a Teodorico; ma non sappiamo nè quando, nè dove; solo è certo ch’ei recitollo come deputato a ciò della chiesa, poichè così accenna egli stesso e nell’esordio del panegirico e verso il fine con quelle parole: Vide divitias saeculi tui tunc vix fora habuere perfectos; nunc Ecclesia dirigit laudatorum. Quindi l’anno 510, o nel seguente, sollevato egli stesso alla medesima sede dopo la morte di S. Massimo, la tenne fino all’anno 521 in cui morì, come raccogliesi dall’epitafio di cui ne fu ornato il sepolcro, e che vedesi anche al presente nella chiesa di S. Michele, nel quale si dice ch’egli morì Valerio V. C. Consule; e appunto nell’anno 52 1 Valerio fu console. Delle due legazioni all’imperadore Anastasio da lui intraprese per ordine del papa Ormisda, de’ travagli