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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/143

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82 LIBRO di cui non avea finallora dato indicio alcuno; e la vecchiezza e il timore che Giustiniano imperadore non concepisse contro di lui qualche disegno, rendealo per avventura più solW cito e più sospettoso. In tai circostanze glif viene accusato Albino di macchinar cose nuove; ed egli facilmente si persuade che il senato ancora ne possa essere reo. Boezio coraggio-* samente intraprende la difesa di Albino insieme e del senato. Ma Cipriano accusatore di Albino rivolge contro di lui stesso l’accusa, e il rende sospetto a Teodorico, fingendo e subornando testimonj che affermano aver lui scritte lettere che conteneano sentimenti e disegni di ribellione. Più non vi volle ad infiammare di sdegno Teodorico. Par nondimeno ch’egli per mostrarsi giusto ne rimettesse la decisione al senato, e che questo per adular Teodorico condannasse Boezio, poichè egli nello stesso passo si duole che anche dal senato da lui difeso ei sia stato tradito. Abbian pure, dic’egli, cercata la mia rovina coloro che sono assetati del sangue di tutti i buoni e di tutto il senato. Ma meritava io un tal trattamento ancor da’ padri? Comunque fosse, Boezio fu condannato non solo all’esilio, come comunemente si dice dagli storici, ma alla prigionia. Egli stesso troppo chiaramente lo afferma. Hic quondam coelo liber aperto, Suetus in aelhereos ii e meatus , Nunc jacet effosso lumine mentis, Et pressus gravibus colla catenis , Declivemque gerens pondere vultum, Cogitur heu! stolidam cernere terram. metr. 2.