Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/175

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1 1 4 LI URO vi avean potuto osservare i magnifici edifizj di cui erano adorne. Quindi stabiliti in Italia, è facile a intendere come s1 invaghissero essi pure di render celebre il nome con grandi e maestose fabbriche, ma adattate al lor gusto ,1 e alla maniera di pensare lor propria. E ancorchè si supponga che gl’italiani fossero e i disegnatori e gli esecutori di tali edifizj, questi nondimeno sarannosi conformati probabilmente al genio e al gusto de’ lor signori; come veggiamo avvenire in un paese il qual cambi » dominio, che tosto vi s’introducono le usanze e le mode di quella nazione che ne diviene padrona. Aggiungasi che Teodorico per quella ira ma che suole comunemente avere un novello conquistatore, di rendersi immortale presso que’ popoli stessi ch’egli ha soggiogati, avrà cercato di lasciar tali memorie della sua magnificenza, che potessero gareggiare con quelle dei più magnifici imperadori; e quindi è verisimile che nascesse quello sforzato e quel capriccioso che vedesi nelle gotiche architetture. Osservo infatti che Teodorico per mezzo di Cassiodoro si vanta in certa maniera di perfezionare e di correggere le opere degli antichi: Hoc enim studio largì tas nostra non cedit, ut et facta veterum, exclusis defectibus, innovemus, et nova! vetustatis gloria vestiamus (l. 7 Var. form. 15). Tutte queste riflessioni mi sembran bastanti a conchiudere che i Goti furono almeno in parte j cagione dei vizj e de’ difetti che s’introdus- , sero nell’architettura; o almeno che essendosi .questi a’ lor tempi singolarmente introdotti, non è irragionevole il chiamare cotai lavori col nome di architettura gotica.