Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/205

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I44 LIBRO XII. A questa ignoranza molto ancor dovette t concorrere la scarsezza che allor si aveva de’ . libri. Le guerre e le diverse calamità da cui le guerre sogliono essere accompagnate, dovettero esser fatali alle private e alle pubbliche biblioteche. Molte di esse rimasero probabilmente preda del fuoco; molte perirono fra le ruine delle città e delle case; e gli uomini oppressi da ogni parte da infinite sciagure a tutt’altro dovean pensare che a copiar libri. Quindi perdendosi gli antichi, e non aggiugnendosene di nuovi, il loro numero dovea farsi sempre minore. I monaci stessi che, come abbiamo altrove osservato, assai frequentemente si esercitavano nel far copie de’ libri, furono spesso involti nel turbine delle guerre, e alcuni monasteri furon da’ Barbari rovinati interamente; fra’ quali è celebre quello di Monte Casino pel guasto orribile che ne fecero i Longobardi. Aggiungasi finalmente che molti ancor di que’ libri ch’erano stati sottratti al furor della guerra , furono dagli stranieri portati a’ lor paesi, e in,tal maniera cominciò allora ad accadere ciò che poscia vedremo nel corso di questa Storia rinnovarsi più volte, cioè che gli stranieri si arricchissero delle spoglie tolte all’Italia, e che poscia superbi delle usurpate ricchezze ardissero ancor d’insultarla nella povertà a cui essi l’avean condotta. Così troviamo presso il Mabillon (Ann. Bened. t. 1, l. 17, n. 72), che Benedetto abate del monastero di W u milili in Inghilterra morendo l’anno 689 raccomandò a’ suoi monaci che avessero grande cura della copiosissima e sceltissima biblioteca che seco