Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/208

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SECONDO i/j, biblioteca romana, e una relazione in cui si dice che il papa medesimo assicurava eli’essi cran mollissimi. Se questi due testimonj non possono conciliarsi insieme, io penso che ognuno crederà anzi alla lettera dello stesso santo pontefice, della cui sincerità niuno ha mai dubitato, che ad una relazione di cui non si sa nè l’autore nè il tempo. Assai più scarso ancora dovea essere in Roma il numero de’ libri nel secolo susseguente. Abbiamo una lettera di Paolo I al re Pipino scritta l’anno 757 (Cenni Cod. Carolin, vol. 1, p. 148), in cui gli dà avviso che gli manda quanti libri ha potuto raccogliere: Direximus etiam Excellentiae vestrae. etc. libros, quantos reperire potuimus. Chi non crederebbe di veder qui un ampio catalogo di libri che fossero un dono degno di un papa che inviavalo, e di un re di Francia a cui si mandava? E nondimeno ecco qual era sì gran tesoro: Antiphonale et Responsale, insimul gramaticam Aristotelis (libro non più veduto, ma forse invece di Gramaticam dee leggersi Logicam, o Dialecticam) Dionysii Areopagitae libros, Geometriam, Orthographiam, gramaticam, omnes graeco eloquio Scriptores. A tanto solo potè estendersi la pontificia munificenza. Comunque sia , ne’ passi soprallegati abbiamo un monumento sicuro di pontificia biblioteca in questi tempi. Anzi troviamo ancora verso il fine del vi secolo nominata la carica di bibliotecario della chiesa romana; perciocché nella diligentissima serie di que’ che f ottennero, formata dagli eruditi prelati Stefano Evodio e Giuseppe Assemani, veggiam nominati