Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/217

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156 LIBRO Zaccìieria, che dopo tale spazio di tempo gli succedette, recandoli in lingua greca stese a tutto il mondo questi utili libri che finallora non erano usciti <1 Italia. Ne solo i Dialogi, ma altri libri ancora degni d essere letti, ei volle traslatare in greco. L’altro è il celebre ab. Fleury, il cui testimonio, ove si tratta di lodi date a’ romani pontefici, io penso che non sembrerà sospetto ad alcuno. Egli dunque così parla dei Dialogi di S. Gregorio (Hist. eccl. l. 35): Io so che. quest’opera di S. Gregorio è quella che i moderni critici han ritrovata più degna della lor censura, e alcuni ancora del loro disprezzo. Ma ciò che ho riferito, e ciò che poscia riferirò delle azioni e de’ sentimenti di questo santo pontefice, sembra che non ci permetta di sospettare in lui nè debolezza di spirito nè artificio. In ogni parte se ne vede l’umiltà, il candore, la buona fede, con una fermezza grande e una consumata prudenza. Egli avea certo rivolto più il suo talento alle riflessioni morali che alla condotta degli affari; e quindi non è a stupire s’egli ha seguito il gusto del suo secolo di raccogliere e di narrare fatti maravigliosi. Per altra parte ei non avea a combatter filosofi che con ragioni oppugnasser la Fede. Non restavano altri idolatri, che contadini e servi rustici e soldati barbari che più facilmente convinceansi con fatti maravigliosi, che co’ più forti sillogismi. S. Gregorio dunque ha creduto solo di non dover narrare se non que’ fatti che credeva meglio provati, dopo aver prese le precauzioni possibili per accertarsene; poichè la sua fede e la sua pietà non