Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/216

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SECONDO 155 de’ doveri di un sacro pastore, e propone utilissimi avvertimenti, pe’ quali fu quest’opera avuta in sì grande stima, che l’iinperador Maurizio ne volle la copia, e S. Anastasio patriarca d’Antiochia la traslatò in greco, di che il santo pontefice molestamente si dolse (l. 10, ep. a a). Le Omelie su diversi passi degli Evangelj e sul profeta Ezechiele furon da lui dette al popolo nel tempo del suo pontificato, e così pure in quel tempo furono scritte le molte Lettere che di lui ci sono rimaste divise in dodici libri. Di lui abbiam parimenti i quattro libri de’ Dialogi sulla Vita e su’ Miracoli di S. Benedetto e di altri santi. I Protestanti, e alcuni ancor tra’ Cattolici, ne parlano come di un’opera piena di sogni e di puerili semplicità; nè manca ancora chi pensi di provvedere alla fama di S. Gregorio, negando contro il testimonio di tutta l’antichità, ch’egli ne sia autore. Io non entrerò a fare su questo punto una lunga dissertazione , e mi basterà l’accennare il sentimento di due scrittori, antico l’uno, l’altro moderno, e tali amendue che in questa parte ad ogni giusta ragione meritan fede. Fozio, che non era certo uno spirito debole e superstizioso, così ne’ ragiona (Bibl.cod. 252): Quest’uomo ammirabile scrisse latinamente molti ed assai utili libri, come le Omelie con cui spiegò al popolo il Vangelo. Innoltre in quattro Dialogi scrisse le Vite di coloro che in Italia erano stati celebri per santità, aggiungendovi altre profittevoli narrazioni. Per centosessantacinque anni furon privi del vantaggio di questi libri que’ soli che ignoravano la lingua latina.