Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/259

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1 ingiù girci! unu l’il iutemmiru te dimenticalo. lljS T.lllllO famigliare in Italia, c che poscia clopo l’invasione de’ Barbari venne quasi dimenticato, non cadde però per modo, che in ogni tempo non vi fossero alcuni in essa versati. Il dominio che i Greci tennero al tempo de’ Longobardi in una non picciola parte d’Italia , dovette contribuire assai a serbar vivo lo studio della lor lingua. In alcune chiese del regno di Napoli mantennesi costantemente la liturgia greca, e quella della stessa città di Napoli, che insieme alla Campania essendo immediatamente soggetta al romano pontefice, avea perciò adottato il rito latino, dopo i tempi di S. Gregorio per opera del patriarca di Costantinopoli tornò in parte a divenir greca, e più chiese vi erano di rito greco; il che dovea non poco giovare a mantener vivo lo studio di quella lingua. Belle notizie ci ha date su questo argomento il sig. Napoli Signorelli, non solo riguardo a’ tempi di cui parliamo (Vicende della Coltura nelle Due, Sicilie, t. 2, p. 103), ma anche riguardo a’ secoli susseguenti (ivi, p. 184); ed egli osserva fra le altre cose, che dal XII fino al xvi secolo non mai cessarono le scuole greche di Otranto e di Nardò, da noi pure mentovate altrove; che anche a’ tempi de’ Normanni e degli Svevi fu talmente in uso la lingua greca, che moltissime pergamene si trovano in essa scritte, e che Federigo II credette necessario che le sue Costituzioni pel regno di Sicilia non solo si pubblicassero in latino, ma anche in greco (ivi,p.273); e che lo stesso accadde sotto i re francesi (ivi, t. 3, p.41), e che anche al presente in varii paesi calabresi e pugliesi si parla il moderno greco