Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/27

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xxvi iuflf.ssioni mi’ indole dell’autorità, creando nuove attitudini nello stile propor* zionate alla novità delle idee , siccome ha dovuto fare il valoroso sig. ab. Cesarotti nella versione di Ossian, e come far dovrebbe chiunque render volesse toscani senza avvilirli Omero, Pindaro, Aristofane, Orazio, Tacito, Milton, Montagne, e cent’altri scrittori, i quali dopo tante traduzioni ponno dirsi ancor non tradotti\ Ma io chiederò prima al sig. ab. Arteaga, qual sia quella lingua la cui povertà ei vuol provare con questo argomento; giacchè esso si può rivolgere contro tutte le viventi lingue d’Europa. Qual è mai quella che possa mostrarci traduzioni adeguate dei classici autori greci latini latini? La francese forse , la spagnuola , gnuola" l’inglese , la tedesca? Ci additi egli di grazia alcuno de’ nominati scrittori tradotto in modo in qualunque altra lingua, che adegui l’originale. L’Omero del Pope è forse la miglior cosa che in questo genere si possa indicare. Ma ardirà egli di dire che esso abbia tutta la sublimità o la mae:tà del poeta greco? Perchè dunque rivolgere contro la lingua italiana un argomento che ha la medesima forza contro qualunque altra lingua? Io potrei anche ricordare alcune traduzioni che ha la volgar nostra lingua, le quali smentiscono il detto del sig. ab. Arteaga; e le due singolarmente sì celebri di Lucrezio e di Stazio fatte dal Marchetti e dal card. Bentivoglio, e alcune altre di autori viventi che posson coraggiosamente mostrarsi in pubblico, ed esser credute degne de’ loro originali. Ma per non recargli argomento da cui si possa sciogliere con una franca e semplice negativa, io mi varrò solo di ciò ch’egli stesso generosamente ci accorda , allor quando dalla folla de’ miseri traduttori sembra eccettuare l’ab. Cesarotti nella sua traduzione d1 Ossian, a cui mi lusingo ch’ei vorrà ora congiungere quella di Omero , dopo la quale non ci rimprovererà più che non abbiamo Omero in lingua italiana. Ci concede egli dunque che il sig. ab. Cesarotti ha tradotto Ossian per tal maniera che ha adeguato il vero o supposto originale , e ci concederà ancora che ha fatto parlar Omero come egli avrebbe parlato, se fosse stato tra noi. Ma acciocchè di questo argomento non ci gioviamo in favor della nostra lingua, egli avverte che ad ottenere il suo intento l’ab, Cesarotti ha dovuto sbri-