Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/28

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DELLA LINGUA ITALIANA XXVI! giirsi da5 ceppi dell’autorità, creando nuove attitudini nello stile proporzionate alla novità delle idee. Ma quello ù per noi un oscuro e inintelligibil gergo. Di quai ceppi, di quale autorità ragiona l’ab. Arteaga? Quai sono queste nuove attitudini nello stile dall’ab. Cesarotti create? Ha egli forse introdotta qualche nuova voce , o qualche nuova espressione nella volgar nostra lingua? Sì certo; ma in primo luogo ei l’ha fatto dentro que’ discreti confini che ei medesimo si è prescritti (Saggio sopra la lingua ital. p. 94) ec e parrà anche forse ad alcuno che non tutte le nuove voci dall’ab. Cesarotti trovate fossero necessarie, e che altre all’intento ugualmente opportune avesse già la lingua italiana. In secondo luogo, di questa libertà hanno finora usato , come abbiam poc’anzi avvertito , i migliori scrittori italiani; e 1’Accademia della Crusca , qualunque fosse il diritto che essa avea a deciderne, I’ ha iu certo modo autenticamente approvato, inserendo nel suo Vocabolario i nuovi vocaboli e le nuove frasi che si andavano di mano in mano coniando. Ha egli data alla lingua italiana un’energia e una forza maggiore che non avesse avuta ancor per l’addietro? Ma questo è manifesta pruova ad un tempo del raro ingegno del traduttore e dell’eccellenza della volgar nostra liagua, la quale da valente scrittor maneggiata può rivolgersi in mille guise , a mille forme adattarsi , e or imitare la mollezza d’Anacreonte, or pareggiare la rapidità di Pindaro e la maestà di Omero. Certo il sig. ab. Cesarotti non pensa che la nostra lingua sia sì povera, come sembra all’ab. Arteaga; perciocchè anzi egli afferma che la nostra lingua nobilitata e abbellita sempre 41 più giunse a tal grado di pregio , che nella sua totalità cede di poco alle antiche, può per molti capi far invidia alle moderne , e se in qualche parte è forse inferiore ad alcuna, non è certamente colpa della sua attitudine (l. cit. p. 132). E onde dunque è avvenuto, dirà l’ab. Arteaga, che niun altro traduttor valoroso abbia finora avuto l’Italia? Io potrei, come già ho accennato, rammentarne parecchi, i quali se restano addietro all’ab. Cesarotti, l’intervallo non ne è però così grande che non gli si possan dire vicini. Ma gli si conceda ciò ch’egli vuole.