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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/284

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SECONDO 223 medesimi Longobardi. L’Anonimo Salernitano parla di un’immagine di Arigiso duca di Benevento (Cron. c. 11), che vedevasi dipinta in una chiesa di Capova, e che fu mostrato l’anno 787 a Carlo Magno. Io so che questi è uno scrittor favoloso e poco degno di fede; ma essendo egli pure scrittore antico, cioè del x secolo, o vero, o falso sia il fatto ch’ei racconta, esso basta a mostrarci che la pittura non era sconosciuta a’ signori longobardi, e che si credeva eh’essi usassero di far formare i loro ritratti. Veggasi ancora ciò che 1’eruditissimo conte. Giorgio Giulini osserva su una antica pittura che vedeasi già nel coro della imperial basilica di S. Ambrogio in Milano, in cui eran dipinti i vescovi suffraganei di quella chiesa, e l’ordine con cui essi sedeano ne’ concilj provinciali; pittura ch’egli con ottime ragioni dimostra (Mem, di Mil. t. 1, p. 223) che fu fatta verso il fine del vii secolo. Or tutte queste pitture chi mai potrà credere che fosser lavoro di pittori greci, co’ quali aveano i Longobardi guerre continue, e guerre che non lasciavan già quasi interamente libero il vicendevol commercio tra le contrarie nazioni, ma che esercitavansi da una parte e dall’altra con quelli inplacabile odio eli’ era proprio di quelle rozze e barbare età? Egli è dunque, a mio parere, evidente che sotto il regno de’ Longobardi non mancò la pittura in Italia, benchè essa pure, come tutte le altre arti, fosse esercitata assai infelicemente; e lo stesso pure potrem mostrare de’ secoli susseguenti, a’ quali ora dobbiam fare passaggio.